La storia
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La storia di Dimoramastromarco è strettamente collegata alla storia di Noci.
Dal 1500 circa fino ai giorni nostri il territorio nocese è stato oggetto di contese con Mottola prima e, in seguito di aspre lotte fra il comune di Noci (ex università) e la borghesia emergente che aveva l’intento, raggiunto in buona parte, della usurpazione delle terre demaniali, privando in questo modo i cittadini di usufruire degli usi civici come la possibilità di raccogliere la legna, l’acqua, le ghiande, le spighe ecc.
Questa è stata LA QUESTIONE DEMANIALE del comune di Noci.
Una storia infinita durata più di 500 anni. Non avendo l’intenzione di annoiare il lettore con particolari minuziosi, e rimandando chi ne vuol sapere di più alla tanta letteratura esistente sull’argomento, mi soffermerò solo sull’epilogo della questione demaniale a Noci.
Dopo alterne vicende giudiziarie, politiche il comune di Noci riesce a possedere alla fine del 1800, due estensioni di terreni: una in zona Poltri e una in zona Bonelli con l’annessa masseria. Una lungimiranza politica, sociale ed economica, per quei tempi, fa si che detti terreni siano quotizzati e assegnati a cittadini indigenti.
Nascono le famose “partite” che altro non sono, che estensioni di terra corrispondenti a un tomolo nocese equivalente a circa 0.8 ettari. Le ”partite”, assegnate ciascuna a una famiglia in difficoltà economica, quindi con tante bocche da sfamare, subiscono un processo di trasformazione degno del miglior virtuosismo di microeconomia.
Il perimetro di detti campi è delimitato dai muretti a secco (da detta operazione il termine dialettale di “chiusure”) si edificano uno o più trulli (erano lontani i tempi della burocrazia cieca e selvaggia), si costruiva un porcile per allevare annualmente un maiale, per la sussistenza del nucleo familiare, si rendeva il terreno coltivabile con lo spietramento e il materiale di risulta (pietre) si utilizzava per costruire i manufatti come muretti e trulli, mentre l’eccesso era accumulato in “specchie”.
stonesSi piantumava un filare di viti a ridosso dei muretti a secco perimetrali o come “pergola” davanti ai trulli; alla coltivazione della vite si affiancava la costruzione di un contenitore interrato e stagno, chiamato in dialetto “u pilasce” dove si preparava la poltiglia bordolese (un mix di calce e solfato di rame) per la prevenzione e cura delle patologie delle viti. Nei terreni declivi si eseguivano i terrazzamenti (reale espressione di un concetto di tutela del territorio avulso da menti geniali e iperpagate, MANAGER, che prendono attualmente decisioni su argomenti spesso completamente ignorati).
Ancora si costruivano delle arnie per la produzione del miele.
Per quel che riguarda l’architettura, i trulli erano costituiti da un alcova della superfice di 4-6 metri quadri in cui dormiva la numerosa famiglia con circa dieci figli e un trullo centrale con qualche mangiatoia per gli animali che convivevano con gli uomini. C’era una piccola cisterna (pozzo) per la raccolta delle acque piovane, un camino abbastanza grande relativamente alle dimensioni del luogo, un forno a legna per la produzione del pane ma anche per essiccare i fichi già disidratati al sole e, che rappresentavano una scorta energetica di cibo per l’inverno.
Le scorte di cibo come conserve, frutta secca e altro si stipavano dove c’era spazio nelle soppalcature nel cono del trullo o anche sotto il letto. Alcuni trulli, tronchi all’estremità e con scala di pietra sul cono, servivano da fienile per la scorta alimentare del bestiame. La famiglia contadina, proprietaria di detta struttura microeconomica, (terreno e abitazioni) viveva integrando il reddito della microazienda agraria offrendo lavoro salariale nelle grandi masserie che la nascente borghesia aveva costruito con l’usurpazione delle terre demaniali.
La dissertazione fatta in passato era valida anche per i terreni e i trulli di Dimoramastromarco.
I mutamenti socioeconomici degli ultimi decenni hanno fatto si che il destino di queste pregiate realtà di economia agraria non siano più proponibili.
In passato i trulli hanno rappresentato materiale per nuova edilizia (come la storia ci insegna) o qualche volta sono stati distrutti, interrati o smontati e ricostruiti nella villa di qualche facoltoso.
Questo processo per fortuna si è applicato ad una percentuale molto bassa del patrimonio architettonico. Altri trulli sono in stato di abbandono nei terreni e gli agricoltori non sono in condizioni economiche per effettuare un restauro.
I trulli di Dimoramastromarco hanno subito il destino della memoria storica.
countryDatati come costruzione a circa 150 anni, riproponevano quella che era la mini azienda agricola tipica delle “partite”. Col tempo la superfice agraria era stata accorpata a scarsi 4 ettari di terreno, con un ettaro circa a vigneto, il resto dei terreni ad indirizzo cerealicolo (ne è testimonianza l’aia adiacente la piscina, una volta adibita alla trebbiatura dei cereali) e la stanza da letto dell’unità abitativa Quercia (ex fienile di cui si conserva come vestigia la scala esterna al cono).
Tutti gli edifici facenti parte della struttura sono stati restaurati da abili artigiani secondo i canoni della tradizione, limitando al minimo indispensabile l’uso del cemento (quando la permalosa burocrazia italiana lo permetteva) e privilegiando l’uso di materiali tradizionali come pietre di risulta, calce, sabbia e pula (paglia finemente triturata) usata come legante nella malta e sostituita attualmente dalla “nobile” plastica. Fin dove si è potuto si è conservato il vecchio intonaco, le mangiatoie del bestiame, il pavimento originale (smontato e rimontato), le vecchie piante degli orti e giardini.
A malincuore si è costruito qualcosa di nuovo non attinente alla tradizione come piscina con largo uso della pietra, gazebi in ferro battuto, pietra e viti come copertura, per il nuovo uso turistico-recettivo.
Le piante, di nuovo impianto, sono state scelte rispettando la tradizione del luogo (olivo, vite, corbezzolo, ginestra, rovi, giuggiole, sorbo, gelso, azzeruolo, rosmarino, menta, origano, fragole di bosco e altre che, in base alla stagione, gli ospiti possono avvalersene. Per concludere, per rispettare le vecchie usanze a Dimoramastromarco è sempre presente un orto, estivo o invernale, con prodotti biologici, non da burocrazia, ma concimato con solo letame e senza uso di chimica.

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